POTENZIARE LA MEDICINA TERRITORIALE IN BASILICATA

In Basilicata c'è lo smantellamento della sanità.

Potenza -

La pandemia in atto  che ha fermato il mondo, deve essere l’occasione per farci  riflettere e ripensare lo sviluppo della Terra, il diritto alla salute, su come attrezzarci per prevenire altre pandemie,  sugli effetti dei cambiamenti climatici.

La pandemia legata al Corona virus lascerà un mondo trasformato.

Proseguendo nella discussione e nelle proposte sulla sanità si vuole sottolineare che  non ha senso  ripercorrere  vecchi schemi e vecchie logiche che  in tutta l’Italia, Basilicata inclusa, hanno portato alla organizzazione ospedalocentrica  dei servizi sanitari, riducendo al minimo i  servizi territoriali sia di cura che di prevenzione, cancellando  il decentramento dei servizi sul territorio,  in cambio di un accentramento sfrenato della gran parte delle risorse in pochissimi ospedali e di una privatizzazione selvaggia.

Il drammatico quadro disegnato da 13  medici dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo in una lettera  del 21 marzo, pubblicata sulla rivista “ New England journal of Medicine Catalyst Innovations in Care Delivery” dal titolo “ Nell’epicentro di Covid-19” testimonia che anche le migliori strutture ospedaliere, senza una rete forte di servizi territoriali, possono diventare   i principali veicoli di trasmissione del Covid-19 (domani di  altri virus o altre malattie)  poiché si riempiono in maniera sempre più veloce di infetti che contagiano i pazienti non infetti. Paradossalmente lo stesso sistema sanitario regionale contribuisce alla diffusione del contagio, poiché le ambulanze e il personale sanitario diventano rapidamente dei vettori. I sanitari sono portatori asintomatici della malattia o ammalati senza alcuna sorveglianza. Alcuni rischiano di  morire, compresi i più giovani, aumentando ulteriormente le difficoltà  e lo stress di quelli in prima linea.”

Dice Paolo Vineis, (epidemiologo, studioso di cambiamenti climatici e salute all’Imperial College di Londra) in una intervista sull’Espresso del 12 aprile  “ la lettera di questi medici segna un cambio di prospettiva a lungo attesa…… il punto che loro sollevano è innanzitutto che nelle emergenze non possiamo affidarci solo alla medicina ospedaliera ma anche a quella territoriale, come è successo in regioni diverse dalla Lombardia.

Superata la pandemia dovremo pensare a prevenire altre epidemie e come garantire il diritto alla salute.

Nell’art. 32 della Costituzione dice Gustavo Zagrebelsky – docente di diritto costituzionale ed ex presidente della Consulta – sempre dall’articolo citato, “ troviamo il diritto dell’individuo, l’interesse  della collettività, l’obbligo dei cittadini di sottoporsi ai trattamenti sanitari obbligatori”. Pertanto  l’esigenza di difendere la salute prima e lontano dalla comparsa della malattia che porta alla ospedalizzazione, espressa dai medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e dall’epidemiologo Paolo Vineis, “trova riscontro costituzionale puntuale  e impone di posare lo sguardo sulle condizioni che influiscono positivamente o negativamente sulla salute della popolazione.

La questione in relazione alle epidemie è di natura preventiva:  agire per impedirle ancora prima di curare, l’ambiente e la popolazione ancora prima degli ospedali e dei malati”.

A questo punto è indispensabile reinterpretare il diritto alla salute  alla luce di tutte le nuove conoscenze e non esporci a ritorni, che del resto gli epidemiologi prevedono a un ritmo regolare nella società mondializzata.

 

 

 

Paolo Vineis già nel 2014 ha pubblicato un volume “Salute senza confini” le epidemie al tempo della globalizzazione e già precedentemente scienziati, medici, farmacisti, e altri professionisti   avevano osservato e parlato di  batteri diventati resistenti agli antibiotici. La  politica è stata ed è sorda e distratta dalle numerose e continue campagne elettorali.

Oggi  è arrivata l’ora di mettersi in ascolto e di cambiare tutto quanto è avvenuto finora.

In Basilicata ed in alcuni territori della regione si sta levando un grido di allarme per la chiusura di alcune strutture, ma soprattutto il blocco  totale di   prestazioni e servizi fondamentali per la medicina territoriale.

Per riprendere il costituzionalista  Zagrebelsky, egli dice che “emergenza non è un’autorizzazione in bianco al governo” e non implica affatto” i pieni poteri” né alla Salvini, né alla Orban.

Emergenza non significa arbitrio. Ma è proprio l’arbitrio che si sta verificando in Basilicata. Con un colpo di spugna si è chiuso l’unico Polo Alzheimer pubblico regionale individuato a Venosa, invece di potenziarlo e renderlo più efficace ed efficiente. E’ di queste ore una lettera aperta firmata dai familiari dei pazienti di questa malattia devastante.  

L’arbitrio dei governanti è quello di non dare ascolto a tutte le voci che provengono dai territori e dai cittadini oltre che da tutte le componenti della società civile, ma anche dai tecnici e dal mondo scientifico. Si attuano scelte senza senso che mettono in difficoltà le comunità. Si sono  chiusi i reparti di lungodegenza e riabilitazione a Venosa in una situazione in cui si sospendeva la gran parte dei servizi domiciliari sul territorio per ridurre i rischi del contagio.

Si smantella l’oculistica (forse per accentrare tutto al San Carlo di Potenza?, o forse per delegare ai privati?) per aprire un ambulatorio  senza la relativa chirurgia che è il  fondamento degli interventi, come le cataratte o le iniezioni intravitreali. Ma questo ambulatorio adesso  non può più soddisfare le miglia di richieste che provengono anche da fuori regione.

E’ chiusa tutta la specialistica erogata a Venosa.

Qualcuno può obiettare che in questo momento la priorità è l’epidemia e la gestione degli infettivi.

Questo è comprensibile, ma è inaccettabile che chi ha preso questa sciagurata decisione non si sia

preoccupato delle conseguenze. Avrebbe invece dovuto ricercare soluzioni che salvaguardassero tutte le esigenze: la continuità delle cure e l’emergenza.

Una soluzione già pronta era Pescopagano, l’altra era di prevedere percorsi separati per covid e non covid nella stessa struttura di Venosa già individuata  oppure riattivare altre strutture esistenti.  

Forse molti non vogliono capire che siamo in una Democrazia Costituzionale, che difenderemo con i denti e con la forza i dettati della Carta che  deve essere sempre il faro per noi.

Noi continueremo con le azioni e con tutti i mezzi che sarà possibile attivare in questa fase di “io resto a casa” nonostante i provvedimenti che si stanno adottando per restringere l’ambito della protesta. LA SALUTE NON E’ IN VENDITA!

                                                           p. L’ ESECUTIVO

                                                    Francesco Castelgrande