Stellantis a Melfi vuole portare i turni lavorativi da 8 a 10 ore
Molti paesi sperimentano la settimana corta e relativa riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, con risultati positivi per produttività e benefici per i lavoratori, Stellantis nello stabilimento di Melfi sonda il terreno con i “sindacati amici” per portare i turni lavorativi da 8 a 10 ore giornalieri.
Quando si dice che si va contro la storia: la digitalizzazione, i ritmi forsennati imposti dalla metrica del lavoro imposta ai lavoratori (Ergo Uas), la transizione all’elettrico, conducono ad una notevole riduzione di bisogno di forza lavoro e porta ad un calo occupazionale già in atto in tutti gli stabilimenti italiani: a Melfi più di 1000 lavoratori incentivati all’esodo, in Sevel ad Atessa circa 1000 lavoratori somministrati non confermati nello scorso anno, a Termoli, oltre ai posti persi con incentivazione all’esodo, regna la cassa integrazione guadagni e la prospettiva che la nascente Giga factory, che ha tempi imprecisati, possa non ricollocare molti lavoratori attualmente presenti in fabbrica è più che una certezza, a Cassino così come in tanti altri stabilimenti ormai siamo di fronte ad una deindustrializzazione che è iniziata da tempo.
In questi giorni a Melfi saranno riuniti tutti i manager dei plant Stellantis e a noi ciò appare solo come un’occasione per mettere in piedi ulteriori strategie per ridurre i costi spremendo i lavoratori fino all’ultima goccia di sudore.
La nostra preoccupazione sulla vendita di FCA a Stellantis si sta materializzando con la marginalizzazione prevedibile degli stabilimenti italiani ed un processo progressivo di disimpegno dell’azienda nel nostro paese a vantaggio di altri paesi europei.
Le responsabilità di questa situazione vanno equamente ripartiti tra governi colpevolmente assenti, sindacati compiacenti che hanno preferito difendere le loro posizioni di rendita attraverso il CCSL.
Forse è tardi per invertire un processo così avanzato ma se non si vuole vedere completamente sparire l’automotive in Italia, che coinvolge circa 1 milione di lavoratori, è necessario rilanciare il conflitto di classe che è in atto contro i lavoratori, che mira a mettere in competizione quelli di vari paesi europei, e non, in una competizione anomala e tutta interna alla stessa Stellantis.
L’USB già da tempo ha dettato la linea per uscire da una situazione che altrimenti diventerà irrimediabilmente irreversibile: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, rappresentanza sindacale democratica, forti investimenti statali in ricerca nel settore, soprattutto sulla tecnologia basata su utilizzo alimentazione ad idrogeno che rappresenta l’alternativa all’elettrico su cui siamo notevolmente indietro, un nuovo piano per la mobilità nazionale con nazionalizzazione delle aziende, ingresso dello stato italiano nella società di Stellantis come ha provveduto a fare la Francia.
Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale, i cui effetti negativi per i lavoratori sono acuiti dalla guerra in Ucraina, e solo un risveglio della coscienza di classe dei lavoratori, sopita da troppo tempo, potrà portare alla salvezza di un intero settore da sempre strategico per l’occupazione nel nostro paese.
Stellantis in Italia fa i propri comodi senza colpo ferire e sta ai lavoratori porre un argine a tale deriva padronale sapendo che l’USB sarà sempre al loro fianco, solo al loro fianco però.
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