ENI CAPUT MUNDI

La vergogna petrolio in Basilicata

Potenza -

La Basilicata è, senza più alcun dubbio, l’agnello sacrificale della politica energetica nazionale.

Il recente rinnovo automatico della concessione ENI, in Val d’Agri, reso possibile dal D. L. 179 del 18 ottobre 2012 (Governo Monti), appare come un sopruso e una violenza insopportabili.

E la circostanza assume caratteri davvero paradossali e inquietanti se si ripercorre la storia degli innumerevoli incidenti e sversamenti, a opera di ENI, nel Centro Oli di Viggiano, delle perforazioni, estrazioni e re-iniezioni dei fanghi petroliferi all’interno dei pozzi autorizzati – dove ENI ha potuto agire al di fuori di ogni regola e controllo (Es. Pozzo Costa Molina 2) – fino agli sversamenti illeciti operati da TOTAL Mineraria negli anni 90’ nelle terre agricole, tra i comuni di Gorgoglione, Corleto e Guardia Perticara, con inchieste giudiziarie che hanno coinvolto amministratori e politici locali, ora TOTAL, che opera incontrastata a Tempa Rossa, in Val di Sauro.

Mentre sono in corso due processi a carico di Dirigenti Eni, e non solo, per presunto inquinamento delle falde acquifere sotterranee e delle sorgenti della Val d’Agri e per disastro ambientale, il MATTM, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare e del Territorio, in perfetta sintonia con il MIT (Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti) e nell’assoluto silenzio di tutto il Governo, consentono a ENI (ma anche a TOTAL e SHELL con il Centro di Tempa Rossa) di continuare a estrarre, inquinare, devastare, esonerandoli persino dal pagamento delle miserevoli royalties.

Di fronte al silenzio e all’ignavia di tante istituzioni e amministrazioni, anche locali, alcuni sindacati tacciono e propongono la solita ricetta consenziente e consunta di nuovi accordi con le multinazionali, per assicurare qualche misero e precario posto di lavoro, e qualche tessera, sacrificando la salute, l’ambiente e gli ecosistemi, la democrazia, i diritti e il futuro dei pochi lucani che ancora resistono, mentre è ripresa una preoccupante emigrazione.

USB non ci sta al ricatto salute – diritti – lavoro, dove per diritti e salute includiamo non solo quelli degli umani ma della natura e di tutto l’universo vivente (per ripercorrere i contenuti dell’Enciclica di Papa Francesco).

Come sindacato e come persone che vogliono “vivere” in questa terra sosteniamo le lotte dei movimenti ecologisti e studenteschi, e le lotte dei lavoratori, e ci opponiamo a questa nuova forma di colonialismo, che ci consegna nelle mani di multinazionali senza scrupoli.

L’Eni in Basilicata è la stessa ENI che ha devastato e sta devastando i territori, le popolazioni e le culture del Delta del Niger, che inquina e intrattiene relazioni con svariati dittatori.e la malavita di alcuni paesi dell’America Latina, che calpesta la sacralità e le culture delle popolazioni indigene, che opera senza il rispetto delle regole e delle leggi, pur di incrementare profitti e potere.

Non crediamo affatto in una transizione energetica governata dalle multinazionali, ma siamo convinti che solo una riconversione ecologica complessiva, democratica e governata dei territori e dalle comunità locali, possa condurci fuori dalla profonda crisi sistemica nella quale ci ha sprofondati questo sistema capitalista dominante.

La rivoluzione green propagandata dal Governo attuale e da quelli precedenti non ci incanta: è solo l’altra faccia della stessa medaglia, per concedere alla grande industria di continuare a produrre inquinamento e devastazioni (dalle grandi opere alle energie fossili, alla sovra-produzione di merci e cibi inutili e dannosi) e, ovviamente, un’immensa quantità di rifiuti su cui fare altri immensi profitti.

Sosteniamo, senza se e senza ma, la fine dell’era delle estrazioni in Basilicata, così come la fine delle speculazioni sull’eolico e sul fotovoltaico, a fronte di un piano di energie diffuse, autoprodotte, democratiche.

Ovviamente il tutto va inquadrato in un Piano energetico nazionale, che sarà possibile solo se ci sarà la volontà politica di cambiare rotta e di liberarsi dalla soffocante ingerenza delle multinazionali dell’energia e della grande industria : se cioè, ad esempio, non saranno ENI, FIAT, ENEL, SNAM, etc. a governare le sorti e le leggi di questo paese.